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ogni altra, e la liberarono, allontanandosi dalle strade di sempre e scatenando i binari nella
solitudine della loro forza, ad arare traiettorie mai immaginate prima.
Tutto questo successe, un giorno.
E non fu una cosa da nulla ma una cosa immensa - immensa - tanto che è difficile pensarla tutta
insieme, in una volta, con tutto quello che aveva dentro, tutta la ridda di conseguenze che le
crepitavano dentro, un universo di minuzie gigantesche, è difficile, certo, eppure se solo si fosse
capaci a pensarla, quella cosa immensa, a sentire il suono che fece esplodendo nella mente di quella
gente, in quel momento, se solo si fosse capaci a immaginarla per un istante allora forse si potrebbe
arrivare a capire com'è che quella sera, quando il campanile di Quinnipak si mise a suonare la
mezzanotte e Jun si chinò sul volto del signor Rail per chiedergli "Allora, cos'hai comprato questa
volta, matto di un signor Rail?", il signor Rail la strinse forte e pensando che mai avrebbe smesso di
desiderarla, le sussurrò - Una locomotiva.
2 - Me la ripete la mia nota, signor Pekisch? - Non è possibile che ogni settimana se la dimentichi,
signora Trepper...
- Le dico, anche a me sembra una cosa incredibile, eppure...
Pekisch frugò nella borsa finché trovò il fischietto giusto, ci soffiò dentro e nello stanzone risuonò
un nitido la bemolle.
- Ecco, proprio quella... sa, sembra quella della signora Arrani, sembra proprio la stessa, e invece...
- La signora Arrani ha il sol, è tutt'un'altra nota...
La signora Arrani confermò facendo squillare con un acuto il suo sol personale.
- Grazie, signora, basta così...
- Era solo per aiutarla...
- Certo, va benissimo, ma adesso silenzio...
- Scusa, Pekisch...
- Cosa c'é, Brath? - Volevo solo dire che manca il dottor Meisl.
- Qualcuno ha visto il dottore? - Non c'è il dottore, è andato dagli Ornevall sembra che la signora
Ornevall avesse le doglie...
Pekisch scrollò il capo.
- Che nota aveva il dottore? - IL mi.
- Va be', lo farò io il mi...
- Pekisch, se vuoi io faccio il mi e Arth fa il mio si e...
- Non complichiamo le cose, okay? Lo farò io il mi...
ognuno si tenga la sua nota e il mi lo farò io.
- IL dottore lo faceva benissimo...
- Va bene, va bene, lo farà benissimo la prossima volta, adesso vediamo di incominciare... per
favore, silenzio.
Trentasei paia di occhi si fissarono su Pekisch.
- Questa sera eseguiremo Foresta incantata, boschi natii.
Prima strofa sottovoce, ritornello più vivo, mi raccomando.
Okay.
Tutti a posto.
Come sempre: dimenticatevi chi siete e lasciate fare alla musica.
Pronti? Due ore dopo se ne tornavano a casa, Pekisch e Pehnt, Pehnt e Pekisch, scivolando nel buio
verso la villetta della vedova Abegg dove uno aveva la sua stanza di pensionante a vita e l'altro il
suo letto di simil-figlio provvisorio.
Pekisch fischiettava la melodia di Foresta incantata, boschi natü.
Pehnt camminava mettendo un piede davanti all'altro come su un invisibile filo sospeso su un
canyon profondo quattrocento metri, forse di più.
- Di', Pekisch...
- Mmmh...
- Ce l'avrò, io, una nota? - Sicuro che ce l'avrai.
- E quando? - Prima o poi.
- Prima o poi quando? - Magari quando diventerai grande come quella tua giacca.
- E che nota sarà? - Non lo so, ragazzo.
Ma quando sarà il momento la riconoscerai.
- Sei sicuro? - Giuro.
Pehnt tornò a camminare sul filo immaginario.
Il bello era che anche quando cadeva non succedeva niente.
Era un canyon molto profondo.
Ma era un canyon di animo buono.
Ti lasciava sbagliare, quasi sempre.
- Di', Pekisch...
- Mmmh...
- Tu ce l'hai una nota, vero? Silenzio.
- Che nota é, Pekisch? Silenzio.
- Pekisch...
Silenzio.
Perché, a dire tutto il vero, non ce l'aveva una sua nota, Pekisch.
Incominciava a diventare vecchio, suonava mille strumenti, ne aveva inventati altrettanti, aveva la
testa che frullava di suoni infiniti, sapeva vedere il suono, che non è la stessa cosa di sentirlo,
sapeva di che colore erano i rumori, uno per uno, sentiva suonare anche un sasso immobilema una
sua nota, lui, non l'aveva.
Non era una storia semplice. Aveva troppe note dentro per trovare la sua. difficile da spiegare.
Era così, e basta.
Se l'era ingoiata l'infinito, quella nota, come il mare può ingoiarsi una lacrima.
Hai un bel provare a ripescarla... puoi starci anche una vita.
La vita di Pekisch.
Una cosa che non è facile da capire.
Magari uno ci fosse stato, quella notte che pioveva a dirotto e il campanile di Quinnipak suonava le
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